Balena Project parte nel 2002 ma già da qualche anno prima aveva preso corpo l’idea di una grande balena di stoffa, arenata in uno spazio troppo piccolo per contenerla tutta.
Questo progetto è in parte legato a una suggestione storica. Nel XIX secolo furono infatti rinvenute parti di scheletro di grandi cetacei nei calanchi di sabbia, proprio nella valle del piacentino dove l’artista aveva trascorso molte estati, in cerca di conchiglie fossili, fragili come la stessa sabbia che le aveva conservate. Quella pianura un tempo era sommersa dall’acqua salata. Invece di vigneti e campi di mais vi crescevano distese di alghe, sedimentavano molluschi e castelli di carbonato di calcio prendevano forma. Invece di stormi d’uccelli, come disse Leonardo, nuotavano pesci dalle forme più strane e i grandi mammiferi marini.
Infine una storia riportata da più amici dell’artista ha fornito un altro spunto: GOLIATH, agli inizi degli anni ’70, una vera balena, eviscerata e conservata sotto strati di formalina, veniva mostrata nelle piazze italiane ed europee come attrazione di un circo macabro. Trasportata in un container illuminato da luci arancioni si presentava come un animale maleodorante e raggrinzito. Un’immagine mortifera che attraeva adulti e bambini, che ricordano ancora i suoi occhi enormi spalancati verso il nulla.
Il progetto emerge dalla necessità di costruire una narrazione che contenga un’affermazione di senso: l’immagine di un grande animale arenato a rischio d’estinzione appare in luoghi inaspettati e diventa, per l’artista, strumento per attivare situazioni collaterali.
La conclusione di Balena Project, ancora aperta, trasformerà la “balena di lana” in tanti altri oggetti, la sua non sarà una fine ma una trasformazione in altre piccole storie. Non si getta via nulla. Neppure un pensiero.
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